La cedolare secca, introdotta nel 2011, è un’imposta applicata sugli affitti a carico del locatore e si pone come valida alternativa al regime di tassazione ordinario. È disciplinata dall’art. 3 D.Lgs 14 marzo 2011 n. 23.

La base imponibile è il canone di locazione senza riduzioni fiscali e l’aliquota da applicare varia in base al tipo di contratto:

  • 21% per i contratti di locazione a canone libero 4 + 4;
  • 10% per i contratti a canone concordato.

La cedolare secca sostituisce le seguenti imposte:

  • Irpef e relative addizionali;
  • imposta di registro, anche sulle risoluzioni e proroghe del contratto di locazione;
  • imposta di bollo, anche sulle risoluzioni e proroghe del contratto.

Chi ne può usufruire?

Possono optare per questo regime solo le persone fisiche proprietarie o usufruttuarie di unità immobiliari, e l’opzione può essere esercitata per unità immobiliari ad uso abitativo accatastate nelle categorie A1-A9 e A11. Sono esclusi perciò uffici o studi privati.

La decisione di avvalersi della cedolare secca va comunicata all’Agenzia delle Entrate tramite modello RLI e al conduttore, specificandolo nel contratto di locazione o tramite raccomandata.

Scegliendo la cedolare secca il proprietario rinuncia alla modifica del canone contrattualmente pattuito, compreso l’adeguamento alla variazione Istat per l’intera durata del contratto.

Quali sono i vantaggi?

Riassumendo si può dire che l’introduzione di questa imposta ha portato con sé vari vantaggi:

  • per il proprietario: tassazione più “leggera”;
  • per l’inquilino: canone fisso per tutta la durata del contratto, canone più basso rispetto al valore di mercato in caso di contratto concordato;
  • per lo Stato: riduzione del 42% dell’evasione tributaria,

fonte: ItaliaOggi

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